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L’associazione di rappresentanza e l’internazionalizzazione delle PMI
Sviluppare le capacità di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese (PMI) significa lavorare per la crescita della cultura e della passione per l’internazionalizzazione, e per potenziare le loro competenze manageriali, specie in quelle aziende dove la governance è più anziana. Si tratta di una esigenza che spesso non trova risposte soddisfacenti sul mercato della consulenza e su cui invece le associazioni d’impresa possono giocare un ruolo rilevante.
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Le idee chiare
“In qualunque ragionamento, ciò che conta non è tanto il ragionamento stesso, bensì il posto che il ragionamento occupa: ovverosia che per poter pensare in modo fruttuoso è indispensabile sapere a cosa occorra pensare prima e a cosa occorra invece pensare poi; dimostrargli che l’agire secondo ragione si differenzia dall’agire insensato unicamente per il fatto che chi agisce secondo ragione ripartisce i propri ragionamenti in ordine alla loro importanza: e decide quale ragionamento debba venir per primo, e quale per secondo, e quale per terzo, e quale per decimo ecc.
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Memorie di un responsabile ICT
“Sono andato in pensione un anno fa. Dopo aver iniziato in società di consulenza, ho lavorato per 30 anni nella stessa azienda. Sono partito da analista fino a diventare responsabile del settore informatico. Per l’esattezza il mio ultimo ruolo ricoperto è stato “Direttore ICT Digitali”. Gli ultimi anni li ho passati a stretto contatto con l’Amministratore Delegato, dato il crescente peso degli investimenti informatici e digitali nei budget aziendali.
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Il supermanager
Michele è un manager. Si è laureato in economia, ha conseguito un master in business administration, ha letto decine di manuali e articoli di management, segue i più diffusi blog di argomento economico. Oggi è un manager nell’azienda di famiglia.
Michele pone se stesso al centro del processo informativo e decisionale, e crede che l’azienda debba essere retta da un leader carismatico.
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Quando l’azienda chiede un dono
È noto a tutti che la flessibilità rappresenta un valore fondamentale per qualunque organizzazione, specie nei reparti manifatturieri, sempre più alle prese con richieste di prodotti personalizzati da parte della clientela.
Mentre in passato si puntava ad ottenere la flessibilità in fabbrica attraverso la ridondanza delle scorte, da tempo si punta sempre più ad avere rifornimenti tempestivi ed in piccoli lotti, veloci riadattamenti dei macchinari, informazioni in tempo reale sullo stato della produzione, dei consumi, delle usure.
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Non far perdere tempo al capo
“Henry Kissinger, allora segretario di Stato, chiese ad un giovane del suo staff, uno studioso di Rhodes, di scrivere un articolo su un argomento piuttosto astruso. Il giovane era nuovo di quel prestigiosissimo lavoro e ci sudò sopra per due intere settimane. Quando glielo sottopose se lo vide rendere con una nota scarabocchiata sul foglio: “È orrendo, da rifare”.
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Aver ragione non basta
“Nel 1847, a ventotto anni, l’ostetrico Viennese Ignàc Semmelweis dedusse che proprio i medici, non lavandosi le mani abbastanza bene e abbastanza spesso, diventavano portatori della febbre da parto, o febbre puerperale, vale a dire della principale causa di decessi materni nell’era preantibiotici (e prima che si scoprisse che sono i germi gli agenti delle malattie infettive).
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Intelligenza non è sinonimo di saggezza
Qual è la differenza tra essere saggi ed essere intelligenti? Secondo Confucio essere saggi significa “sapere quel che sai e sapere quello che non sai”. Possiamo anche aggiungere che significa essere in grado di creare un equilibrio tra l’arroganza (presupporre di sapere più di quanto si sappia) e l’insicurezza (credere di sapere troppo poco per agire).
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Errare è umano, perseverare è carenza di cultura
Tutti conoscono bene la differenza fra un’intenzionale violazione di una regola ed un errore: la prima va sanzionata, il secondo va segnalato. Eppure su questa differenza troppo spesso ci si comporta in maniera apparentemente illogica. Accade ad esempio quando emerge dal nulla un grave problema, che fa vacillare il sistema e crea danni ingenti, e si scopre che quasi tutti ne conoscevano l’esistenza, ma non avevano mai fatto niente per porvi rimedio.
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L’innovatore pigro
La retorica manageriale fa continuamente ricorso al termine “innovazione” come formula magica cui ogni manager deve ispirarsi per stare al passo coi tempi. Ma l’innovazione è faticosa: servono tempo, studio, capacità, impegno, intuito: insomma tanto, tanto lavoro. È per questo che sono nati alcuni strumenti ad uso dei manager pigri, che consentono loro di fregiarsi del titolo di innovatori, ma senza impegnarsi troppo.
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