Il rischio delle cooperative sociali

Oggi, se un’azienda vuole trattenere i collaboratori più validi, deve offrire non solo una retribuzione e condizioni di lavoro accettabili, ma anche un significato alla vita di queste persone. L’azienda deve lavorare per cause che inducano coinvolgimento emotivo e ideale. Gli scopi maggiormente coinvolgenti sono quelli che travalicano l’egoismo personale.

Da questo punto di vista le cooperative sociali, per la natura stessa della loro attività, possiedono un’intrinseca potenzialità attrattiva per le persone che cercano una realizzazione ideale dal proprio lavoro. Eppure molte cooperative non sembrano far caso a questo aspetto, quasi non fosse rilevante, o addirittura scontato. Dovrebbe invece essere evidente a tutti che lavorare in campo sociale rappresenta per molti una scelta di vita, che diventa lavoro e reddito solo grazie al lavoro in cooperativa, che è la forma di impresa che più di ogni altra garantisce partecipazione, coinvolgimento, responsabilità sociale, condivisione di valori.

In particolare il coinvolgimento emotivo, nel momento in cui non viene gestito con specifiche politiche e procedure dalla cooperativa, rischia di trasformarsi in diffuso stress e preoccupazione fra gli operatori che sono quotidianamente a contatto con situazioni difficili: si pensi ad esempio ai riflettori puntati quotidianamente sulle cooperative che gestiscono l’accoglienza dei rifugiati. E lo stress non gestito porta inevitabilmente a fenomeni di demotivazione, tensioni interne, dimissioni.


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