Per la rivoluzione digitale non basta l’alfabetizzazione informatica

La rivoluzione digitale travolge non solo le imprese, ma la vita stessa delle persone, ovvero la loro vita privata e sociale, e riconfigura lo spazio materiale nella dimensione virtuale. Per Luciano Floridi si tratta di un passaggio cognitivo paragonabile a quanto avvenne prima con la rivoluzione copernicana (quando la terra non fu più al centro dell’universo), poi con quella darwiniana (quando l’uomo non fu più al centro della terra) e infine freudiana (quando l’inconscio spazzò via il paradigma dell’uomo razionale).

In questo ambiente cognitivo – definito infosfera – le conoscenze non sono solamente memorizzate o comunicate attraverso la mediazione digitale, ma quest’ultima agisce e interagisce al posto dell’uomo. Nell’infosfera 1) le macchine sono intelligenti, e svolgono funzioni in precedenza affidate agli uomini; 2) le piattaforme digitali modificano la geografia dei rapporti, consentendo relazioni a distanza, in tempo reale a costi bassissimi; 3) l’intelligenza distribuita consente (almeno potenzialmente) iniziative dal basso da parte di produttori, cittadini, consumatori.

Per agire consapevolmente nell’infosfera non basta – come molti credono – un’alfabetizzazione informatica. Occorre piuttosto maturare una sorta di nuova “attitudine fisiologica”, ovvero di muoversi consapevolmente attraverso una grandissima varietà di contenuti, settori e campi cognitivi. Il digitale è una funzione abilitante, che attiva capacità di pensiero e di azione prima non solo impossibili, ma anche impensabili. Il digitale ci porta ad utilizzare sistemi concettuali e regolatori diversi da quelli cui siamo abituati, e tali sistemi determinano il nostro contesto di vita e di lavoro. Basta vedere il progressivo mutamento della qualità e densità dei rapporti sociali, con l’esplosione delle relazioni in rete, molto più numerose e molto più superficiali di quelle reali.

 


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