C’è veramente bisogno di consulenti?

“I nostri dipendenti non hanno idee: abbiamo bisogno di un consulente!”. Quante volte ho sentito questa frase? Molte. Troppe.

Spesso imprenditori e manager si lamentano di non ricevere abbastanza idee dai propri collaboratori. Molti di loro affermano di chiedere continuamente idee ai propri dipendenti, ma di ottenere in risposta ben poco di utile.

Molte aziende si impegnano a dare comunicazioni regolari che spiegano quanto sia urgente ed importante il miglioramento continuo, ed hanno introdotto bonus che premiano le prestazioni, software per suggerire idee e piani di formazione sul problem solving e l’innovazione.

Ma tutto questo spesso non basta. Le persone sanno solo quello che sanno, non vanno oltre. Ed è per questo che si invoca l’esperto esterno che insegni ad esempio cosa stanno facendo le altre aziende, in modo da avere con poca fatica nuove idee.

Una soluzione del genere presume che l’azienda abbia un problema con le persone, non con i propri processi decisionali e culturali. È naturale attribuire un comportamento insoddisfacente alle persone piuttosto che al contesto aziendale, alle sue dinamiche.

Occorre essere consapevoli che l’azienda ha già nei suoi dipendenti un’enorme quantità di competenze che non ha ancora sfruttato appieno, e che il problema sta nel sistema organizzativo, nei processi decisionali, nella trasmissione della conoscenza, nei centri di potere e di influenza.

Nessun consulente può saperne più dei tuoi dipendenti sul tuo mercato, sulla tua supply chain, sui tuoi concorrenti, sulla tua azienda insomma.

La consulenza che serve è quella che aiuta l’azienda a coinvolgere i dipendenti in modo efficace, attraverso una serie di passaggi organizzativi. Se non si percorre un determinato tragitto non c’è da meravigliarsi che i dipendenti non diano tutte le loro buone idee.

Il tragitto è lungo, e parte da una semplice affermazione: “Mi rivolgerò ad esperti esterni solo dopo aver provato un processo che coinvolga veramente il personale”.


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