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Operations contro R&D
“Questo fu il mio primo incontro con quella che viene comunemente chiamata “sindrome di NIH”, acronimo di Not Invented Here (“Non inventato qui”), perché spesso gli ingegneri rifiutano di adottare ciò che non è stato inventato nel loro gruppo, anche se l’invenzione, come in questo caso, era stata fatta nella stessa società.
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Le avvertenze per un cambiamento di successo
Chi si appresta a mettere in atto un intervento di cambiamento organizzativo deve essere consapevole che non può limitarsi a cambiare organigrammi, procedure, sistemi di lavoro, ma deve necessariamente proporsi anche l’obiettivo di cambiare il «senso» delle cose che si fanno e si pensano all’interno della propria organizzazione.
Per dare un nuovo senso alle azioni ed ai pensieri deve non solo avere fiducia in se stesso (fiducia cioè di aver deciso bene) ma anche fiducia nei propri interlocutori.
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Formazione e sperimentazione per la cultura della qualità
Ogni azienda deve sviluppare una cultura della qualità come reale criterio cui ricondurre le scelte organizzative e operative: tutto questo richiede un forte investimento in formazione e sperimentazione di nuove modalità di gestione.
È necessario capire che occorre “ripensare l’organizzazione”. Occorre, cioè, lanciare un processo di sviluppo organizzativo che tenga conto delle dinamiche interne, delle potenzialità inespresse, ma anche degli input provenienti dall’ambiente esterno: nei giochi consolidati occorre far entrare nuovi elementi e nuovi attori.
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PNRR e cambiamento organizzativo
Con una espressione largamente abusata (e non sempre compresa) è stato recentemente scritto che “per ‘scaricare a terra’ al meglio gli obiettivi e le scadenze del PNRR è fondamentale puntare sul valore delle persone nelle Pubbliche Amministrazioni chiamate ad attuare le diverse linee di intervento, in alcuni casi superando abitudini e procedure consolidate.
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Il comportamento professionale ai tempi del digitale
Due sono gli aspetti che ci fanno riconoscere chi si comporta in modo professionale sul lavoro. Il primo è la capacità di una persona di assumere impegni chiari nei confronti dei propri interlocutori, clienti, fornitori o colleghi. Si chiama affidabilità, ed è un fattore abbastanza facile da rilevare e misurare: ogni volta che una persona lascia l’interlocutore in uno stato di incertezza, allora vuol dire che sta facendo un servizio di bassa qualità e non si sta comportando in modo professionale.
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Due o tre ragionamenti sul cambiamento organizzativo
Ogni tanto, quando si iniziano percorsi di cambiamento organizzativo, occorre fare – con calma – due o tre ragionamenti sulla gestione delle persone.
Un primo ragionamento è questo: non è detto che chi resiste al cambiamento sia una persona negativa, o priva di valore. Anzi, molti fra quanti resistono sono dotati di motivazioni e competenze.
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Non si può vivere senza una gomma
Nel 1996, oltre 20 fa dunque, ebbe un grande successo il libro di Tom Peters “Tempi pazzi, aziende pazze”, in cui l’autore raccontava, con stile enfatico e brillante, gli elementi che caratterizzavano le aziende più innovative degli anni ‘90. Ne riportiamo alcuni fra i più significativi:
Oltre la dicotomia prodotto/servizio
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- azienda come pacchetto di servizi
- il servizio è la confezione che “avvolge” il prodotto
- vendita di intelligenza (e non vendita di cose)
- metti sempre la ciliegina sulla torta (aggiungi sempre qualcosa di inaspettato alla tua offerta)
I nuovi modelli organizzativi
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- il modello è l’impresa di servizi professionali
- disarticolazione (e non rigida strutturazione)
- azienda come indirizzario: logica della creazione del network (no ai quartieri generali)
- centralizzazione attraverso il network dei migliori
- delega totale ai dipendenti (per totale si intende totale, non parziale)
- capi come “server”
- sistemi per valorizzare e diffondere la conoscenza
- requisiti di base della gestione del personale: formazione – budget – controllo qualità – autonomia – accesso a conoscenze specialistiche – contatto coi clienti
Regole base di funzionamento
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- “se vuoi una informazione devi dimostrare che ti serve”
- “devi trasformare il tuo lavoro (dipendente) in una azienda autonoma”
- “pensa orizzontale”
- “il tuo fornitore è un partner”
- “azienda come talk-show, ovvero conversazione come lavoro”
- “sviluppa la qualità strategica e non solo la qualità tattica”
- “accetta tutto, fuorchè una risposta tiepida”
Quante aziende possono dire, a distanza di oltre 20 anni, di aver imparato queste lezioni?
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Complicato ma non semplice
Come recitava il titolo di un vecchio libro di Sempè, il cambiamento organizzativo è qualcosa di “complicato, ma non semplice”. Cambiare l’organizzazione è complicato perché gli aspetti coinvolti e da modificare sono molteplici, hard e soft, formali e informali, umani e tecnologici. Questa complessità fa spesso perdere l’orientamento durante il percorso di cambiamento.
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Correre in un ecosistema in trasformazione
I “salti tecnologici” cui stiamo assistendo in questi anni vengono ricondotti generalmente alla cosiddetta “rivoluzione digitale”. Esistono tuttavia altre trasformazioni che stanno producendo un impatto dirompente sui sistemi economici, politici e sociali. Si pensi ad esempio ai nuovi materiali ottenuti dall’uso delle nanotecnologie, o ai farmaci biotech, o ancora ai cambiamenti indotti dalla diffusione dell’economia circolare e dei sistemi di sostenibilità ambientale.
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Lavoro e macchine nell’epoca digitale
È difficile rassegnarsi alla scomparsa del lavoro così come impostato nel secolo scorso: stabile, remunerato in modo adeguato, tutelato. È difficile anche perché non è chiara la nuova impostazione: sappiamo che il vecchio non funziona più ma anche che il nuovo non funziona ancora.
Il lavoro cambia anche sotto i colpi della rivoluzione digitale, un fenomeno ancora in corso, che nessuno ha ancora capito dove ci porterà.
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