Modelli di cooperativa: “cacciatori” o “coltivatori”?

A differenza dell’uomo – che nasce come cacciatore e raccoglitore per trasformarsi poi in allevatore e agricoltore – molte cooperative hanno iniziato la loro attività col modello culturale e manageriale del “coltivatore”, cioè di chi è abituato a muoversi in un ambiente prevedibile, in mercati protetti o fortemente condizionati, con prospettive strategiche di medio periodo. Sono le cooperative che lavorano in territori ben conosciuti e regolamentati, con contratti o appalti solidi, al riparo da concorrenti troppo aggressivi. Queste cooperative sapranno mai trasformarsi in “cacciatori”, cioè in imprese capaci di muoversi in mercati dinamici, fortemente competitivi, dove servono doti di flessibilità e reattività? Gli esempi di cooperative “cacciatore” non mancano: sono le cooperative manifatturiere o agroalimentari che da tempo lavorano sui mercati internazionali; le cooperative sociali che offrono servizi innovativi alle famiglie e alle pubbliche amministrazioni; le cooperative di professionisti che creano nuove combinazioni di servizi. E tante altre che hanno ridefinito nel corso del tempo la loro offerta in base alle reali esigenze del mercato. Alcune di queste in passato erano “coltivatori”, e quindi destinate a sparire. Ma hanno saputo superare i blocchi che si frappongono al cambiamento, dati dagli equilibri di potere che si consolidano nel corso del tempo all’interno della compagine sociale e che rappresentano l’ostacolo cognitivo più difficile da superare.

 


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