Un dirigente cooperativo

Un vecchio dirigente mi racconta una storia, la sua. Ha diretto una cooperativa per molti anni, ha trovato lavoro a molti soci, ha insegnato a tanti allievi. Il suo stile di gestione è sempre stato improntato ad un’equa ripartizione di responsabilità e benefici, con forte ricorso alla delega, al coinvolgimento. A lungo ha gestito la cooperativa in questo modo, e l’azienda è cresciuta solida. Poi ha iniziato a capire che l’aria stava cambiando. Mentre una parte dei suoi collaboratori manteneva un atteggiamento leale e riconoscente, ed erano sicuramente quelli più autonomi e competenti, un’altra parte, sempre più consistente, iniziava a dimostrarsi ingrata, invidiosa, e a spargere menzogne sul suo conto. Gli ultimi anni della sua esperienza in cooperativa sono stati penosi. Si sono create fazioni e i suoi tentativi di arrivare ad un passaggio di consegne graduale e “assistito” sono stati male accolti. Ha cercato di accontentare un po’ tutti, anche quelli meno dotati, secondo quello che lui riteneva essere lo “spirito cooperativo”. Adesso, ripensando a quel periodo, mi dice che ha sbagliato a cedere il potere anche chi non lo meritava, e che doveva esercitarlo fino in fondo. E, una volta terminato il suo compito, andarsene per sempre, senza farsi più vedere, perché è questo che tutti i successori, anche i migliori, vogliono veramente.


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