Aver ragione non basta

“Nel 1847, a ventotto anni, l’ostetrico Viennese Ignàc Semmelweis dedusse che proprio i medici, non lavandosi le mani abbastanza bene e abbastanza spesso, diventavano portatori della febbre da parto, o febbre puerperale, vale a dire della principale causa di decessi materni nell’era preantibiotici (e prima che si scoprisse che sono i germi gli agenti delle malattie infettive). Un’infezione batterica, perlopiù causata da uno streptococco – lo stesso che provoca infezioni alla gola – che dopo il parto risale dalla vagina all’utero.

Delle tremila donne che davano alla luce un bambino nell’ospedale di Semmelweis, ogni anno ne morivano di febbre puerperale più di seicento, una terrificante media del 20 per cento. La media scendeva all’1 per cento tra le donne che partorivano in casa: prova apparentemente incontrovertibile che Semmelweis non si sbagliava.

Eppure in altri ospedali le abitudini dei medici non cambiarono. Alcuni colleghi furono addirittura offesi dalle sue affermazioni, giudicando impossibile che i medici uccidessero le loro pazienti. Anziché essere applaudito, Semmelweis venne infine licenziato”.

Atul Gawande racconta la sua professione di medico attraverso episodi minimi, come quello della vecchia signora ricoverata perché semplicemente “non si sentiva troppo bene” e che dovrà la vita solo alla coscienziosità del medico che la segue; o di massima gravità e urgenza, come quando si trova di fronte ai corpi dilaniati dalla guerra in Iraq.

Ognuna delle tre parti del libro è dedicata alle condizioni fondamentali per il successo in medicina. Il primo requisito è la scrupolosità, la necessità di prestare sufficiente attenzione ai dettagli per evitare errori e superare gli ostacoli. La seconda sfida è quella di fare la cosa giusta. Il terzo requisito per il successo è l’ingegnosità.

Atul Gawande, Con cura, Einaudi 2008.

 

 

 


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