“Nell’aprile 2011, alcuni ricercatori israeliani hanno pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States una straordinaria ricerca sul processo decisionale. Il loro studio, intitolato “Extraneous Factors in Judicial Decisions” (“Fattori estranei nelle decisioni giudiziarie”) analizzava più di 1.000 ordinanze pronunciate da otto giudici israeliani che presiedevano due diverse commissioni per la scarcerazione sulla parola. Le ordinanze riguardavano imputati ebrei-israeliani e arabo-israeliani, uomini e donne. I reati andavano dall’appropriazione indebita all’aggressione, all’omicidio e alla violenza sessuale. La stragrande maggioranza di quelle pronunce avevano per oggetto altrettante richieste di libertà sulla parola.
Sembra piuttosto semplice, non è vero? Erano giudici stimati che usavano la loro lunga esperienza per prendere decisioni critiche che incidevano non solo sulla vita dei detenuti e delle loro vittime, ma anche sul benessere della comunità nel suo complesso. Esaminavano ogni giorno da un minimo di 14 a un massimo di 35 casi. Se foste dei detenuti, quale dovrebbe essere il fattore più decisivo ai fini dell’ordinanza di scarcerazione? La sincerità del pentimento? Il recupero sociale e la buona condotta? La gravità del reato che avete commesso? Niente di tutto questo, in realtà.
Le ricerche dimostrano che, di fatto, era il tempo trascorso dal momento in cui il giudice si era fatto un panino. I ricercatori hanno esaminato l’orario delle pronunce, il contenuto (scarcerazione o meno) e il tempo passato da quando i giudici avevano fatto uno spuntino. Se erano appena arrivati in tribunale, o erano appena rientrati dalla pausa pranzo, prendevano decisioni favorevoli alla scarcerazione nel 60% dei casi. In prossimità della pausa successiva, quella percentuale scendeva quasi a zero.
In poche parole, subito dopo aver mangiato, i giudici tornavano in aula con un atteggiamento più positivo e prendevano decisioni più clementi. Mostravano più immaginazione e la capacità di rendersi conto che il mondo, e le persone, potevano cambiare, potevano essere diversi. Ma quando esaurivano le riserve di energia, cominciavano a prendere sempre più decisioni in linea con lo status quo.
Sono sicuro che se aveste chiesto loro se erano sicuri di prendere ogni volta decisioni ugualmente equanimi, si sarebbero sentiti offesi. Ma i numeri, e i panini, non mentono. Quando abbiamo esaurito le riserve di energia, cominciamo a prendere decisioni improprie.
Questo fenomeno è stato denominato “svuotamento dell’ego”. L’idea è che ogni scelta ha un costo in termini di energia. È uno strano tipo di esaurimento: non vi sentite fisicamente stanchi, ma la vostra capacità di prendere decisioni corrette diminuisce. Ciò che si modifica veramente è il vostro autocontrollo, la vostra capacità di essere disciplinati, riflessivi e prescienti”.
da: Jeff Sutherland, Fare il doppio in metà tempo (Rizzoli Libri, 2014).