“Un tempo amavo sostenere che le decisioni che ogni manager è chiamato a prendere possono essere classificate in tre categorie.
Definivo del “primo tipo” quei casi in cui la scelta influenza effettivamente il futuro aziendale, in senso positivo o negativo. Altri problemi sono del “secondo tipo”: comunque si scelga si fa bene e la qualità della decisione è irrilevante, pur di operare rapidamente. Infine esistono i problemi del “terzo tipo”: come decidi, sbagli”.
“I manager si dividevano, affermai, in base a due grandi categorie della psiche: quelli con animo rivolto allo sviluppo e quelli più adatti a ristrutturare.
I primi, gli ottimisti, cercano di fare profitto senza tagliare i costi ma incrementando i ricavi.
Al contrario, i secondi si sforzano di guadagnare risparmiando sulle spese. Questi ultimi, pessimisti di natura, possiedono una professionalità rara: accettano di vivere perennemente in una condizione spiacevole, di permanente contrazione. Ma possono divenire pericolosi a causa della loro pulsione inarrestabile a potare, come lo sono i chirurghi eccessivi quando, insieme a quelli malati, asportano i tessuti sani.
È difficilissimo trovare manager dotati di carattere “anfibio”. Per ogni business è allora necessario scegliere l’individuo più adatto alle esigenze del particolare momento storico che si sta attraversando e affiancarlo con la “presenza forte” di qualcuno della specie psichica opposta, che ne compensi l’aspetto carente
(Giorgio Garuzzo, FIAT – I segreti di un’epoca, Fazi ed., 2006)