Categoria: Management

  • Perché non riuscite ad organizzare l’innovazione?

    Perché non riuscite ad organizzare l’innovazione?

    È scontato dire che l’innovazione è la strada obbligata per la competitività aziendale. Meno scontato è capire come organizzare la propria attività in modo tale che l’innovazione si trasformi da obiettivo a realtà.

    Si è visto in innumerevoli casi che la continua innovazione tecnologica non è sufficiente a trascinare con sé una altrettanto continua innovazione manageriale e, soprattutto, culturale.

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  • Consigli – non richiesti – a un neo capo

    Consigli – non richiesti – a un neo capo

    Ricordati che secondo molti dei tuoi colleghi e subordinati tu sei quello che parla e asserisce, e che il subordinato quello che ascolta e fa richieste.

    Tutto questo può funzionare solo a tre condizioni: 1) se tu sai che risposte dare ai subordinati; 2) se i subordinati comprendono chiaramente cosa gli viene richiesto; 3) se i tuoi subordinati perseguono il tuo stesso obiettivo.

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  • Organizzare l’innovazione

    Organizzare l’innovazione

    Come funzionano le aziende più innovative? Le migliori esperienze evidenziano alcuni tratti – sia organizzativi che culturali – comuni a tutte.

    Nelle aziende innovative:

    1. tutti sono chiamati a sviluppare idee innovative. L’innovazione non rappresenta un territorio esclusivo dei reparti di ricerca e sviluppo o dei “creativi”. Tutti, a qualsiasi livello, sono responsabilizzati su questo obiettivo;
    2. tutti devono essere inseriti in processi di lavoro che favoriscano la generazione di nuove idee, la loro discussione, la loro realizzazione;
    3. tutti devono trovare condizioni favorevoli allo sviluppo di idee.
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  • La partecipazione dei lavoratori

    La partecipazione dei lavoratori

    Da un po’ di tempo, dopo anni di silenzio se non di aperto ostracismo sia da parte sindacale che da parte datoriale, va di moda parlare di partecipazione dei lavoratori. Qualcuno addirittura si lancia in prospettive suggestive come la “Teal Organization” (F. Laloux, Reinventare le organizzazioni, Guerini ed.).

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  • Ditemi cosa devo fare

    Ditemi cosa devo fare

    Molti sono convinti che una buona organizzazione si riconosca dal fatto che tutti sanno cosa devono fare, e quello che devono fare sia sempre chiaro. E che quindi – dato che tutti sanno tutto ciò che c’è da sapere – solo allora le cose fileranno lisce: i capi comanderanno, i sottoposti obbediranno, i venditori venderanno, gli operai manipoleranno, gli autisti guideranno, i contabili conteggeranno.

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  • Imparare come bambini

    Imparare come bambini

    Immaginate un gruppo di bambini di cinque anni che assistano ad una riunione fra manager. Probabilmente si stupirebbero nel vedere che nessuno di loro fa quello che le maestre insegnano a scuola, ovvero essere pronti a imparare, ascoltare prima di parlare e, soprattutto, “condividere i giocattoli con gli altri”.

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  • Chi deve gestire i processi organizzativi?

    Chi deve gestire i processi organizzativi?

    Quando si parla di organizzazione è abituale distinguere fra una parte stabile (ovvero la struttura, rappresentata tipicamente dall’organigramma aziendale)) ed una parte dinamica, rappresentata dai processi di lavoro. Mentre in passato l’approccio all’organizzazione era prevalentemente basato sulla parte statica – ovvero la definizione di strutture e organigrammi – dagli anni ‘90 in poi i processi hanno iniziato ad assumere sempre più importanza, fin quasi a prendere il sopravvento su tutto il resto.

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  • Dodici punti per l’analisi strategica della propria azienda

    Dodici punti per l’analisi strategica della propria azienda

    È possibile analizzare il posizionamento e la capacità strategica della propria azienda puntando su 3 grandi obiettivi, ovvero: 1) soddisfare le esigenze della clientela; 2) mantenere un vantaggio competitivo; 3) far leva sui punti di forza. A sua volta ognuno di questi obiettivi si articola in 4 punti. Seguite questa check-list e non ve ne pentirete.

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  • L’azienda non fa sport

    L’azienda non fa sport

    Da anni assistiamo a meravigliose conferenze tenute nelle business school, nelle aziende e perfino nelle università o nelle scuole superiori, da allenatori di pallacanestro, pallavolo o rugby che illustrano le regole auree del gioco di squadra, del lavorare in team, della mentalità vincente. Sono conferenze bellissime (con effetti “WOW” a non finire), in cui lo spettatore, manager o imprenditore che sia, viene calato nel segreto dello spogliatoio alla ricerca della formula magica per vincere le sfide che quotidianamente deve affrontare nella sua azienda.

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  • Come decidi, sbagli

    Come decidi, sbagli

    “Un tempo amavo sostenere che le decisioni che ogni manager è chiamato a prendere possono essere classificate in tre categorie.

    Definivo del “primo tipo” quei casi in cui la scelta influenza effettivamente il futuro aziendale, in senso positivo o negativo. Altri problemi sono del “secondo tipo”: comunque si scelga si fa bene e la qualità della decisione è irrilevante, pur di operare rapidamente.

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