Molti sono convinti che una buona organizzazione si riconosca dal fatto che tutti sanno cosa devono fare, e quello che devono fare sia sempre chiaro. E che quindi – dato che tutti sanno tutto ciò che c’è da sapere – solo allora le cose fileranno lisce: i capi comanderanno, i sottoposti obbediranno, i venditori venderanno, gli operai manipoleranno, gli autisti guideranno, i contabili conteggeranno. È la situazione in cui ognuno ha direttive sufficienti per capire cosa concretamente deve fare.
Tale convinzione è diffusa anche fra molti capi, che si impegnano quotidianamente per fare chiarezza nei compiti e nei ruoli dei loro sottoposti. Ed è proprio il tentativo di fare chiarezza che crea loro frustrazione, perché c’è sempre qualcosa che non torna – un avvenimento imprevisto, un aggeggio che si rompe, un’occasione da prendere al volo – che turba l’ordine organizzativo così faticosamente progettato.
I più scaltri fra i capi, quelli che hanno frequentato i corsi di formazione più avanzati, sanno bene che è illusorio cercare di fare ordine in un sistema dove per forza di cose regna una buona dose di caos e ambiguità. Lo sanno così bene che non mancano di appendere nei loro uffici un quadretto che riporta in bella calligrafia quel passo di Sun Tzu in cui si dice che “In guerra il generale riceve il comando dal sovrano… Ma (una volta ricevuto l’incarico) ci sono strade che non devono essere seguite, città che non devono essere assediate, posizioni che non devono essere attaccate, ordini del sovrano che non devono essere eseguiti”.
Tuttavia anche i migliori fra i capi cadono nell’errata convinzione che tale connaturata ambiguità organizzativa sia propria dei soli ruoli apicali, i quali per definizione sono alle prese con problematiche turbolente, complesse, mutevoli. E che invece i ruoli operativi, quelli più umili e semplici, siano da progettare e gestire secondo i principi dell’ordine, della chiarezza e della prevedibilità. In realtà non è così nemmeno in questi casi. Nemmeno quando si parla di lavori estremamente umili e semplici, come ad esempio quello di ragazzo di sala in un albergo.
Suggeriamo loro di appendere, a fianco del quadretto di Sun Tzu, anche l’inizio di “Ho servito il re d’Inghilterra” di Bohumil Hrabal:“Quando arrivai all’hôtel Praga, il capo mi prese per l’orecchia sinistra e tirandomela dice: «Qui tu sei piccolo di sala, perciò ricordati! Non hai visto niente, non hai sentito niente! Ripeti!». E così dissi che al lavoro non vedevo niente e non sentivo niente. E il capo mi tirò per l’orecchia destra e disse: «Ma ricordati anche che devi vedere tutto e sentire tutto! Ripeti!». E così ripetei stupito che avrei visto tutto e sentito tutto. E così incominciai”.