Sono in corso in questi mesi numerosi processi di aggregazione fra associazioni di rappresentanza (associazioni di imprese, sindacati di lavoratori). In alcuni casi si tratta di semplici intese di tipo politico e strategico, ma in altri si arriva fino a vere e proprie fusioni fra strutture diverse. Una caratteristica comune a molti di questi processi di fusione è la generalizzata sottovalutazione degli aspetti strutturali ed organizzativi, quasi che le intese politiche siano sufficienti da sole a far superare ogni ostacolo. In realtà è proprio sugli aspetti organizzativi che le fusioni rischiano di fallire. Non ci si rende conto infatti che se cambia la struttura cambia anche la mission e l’identità associativa, e delle inevitabili resistenze al cambiamento. Quindi occorre prestare la massima attenzione al processo di fusione organizzativa sin dalla fase preliminare. Ad esempio, le analisi interne sono complete e attendibili? Si guarda bene dentro ai patrimoni che si vanno ad unire: immobili, capitali, partecipazioni, …? Si fa una corretta valutazione delle competenze e del potenziale del personale? E ancora: c’è feeling interpersonale fra i gruppi dirigenti e manageriali? Tale feeling è fondamentale per affrontare con la dovuta serenità alcuni punti critici, quali le soluzioni giuridiche per la regolamentazione unitaria dei patrimoni, la nuova collocazione del personale, le regole per dirimere gli inevitabili conflitti futuri. La nuova struttura sarà un collage fra le strutture pre-esistenti o si baserà su un modello completamente nuovo? Ed una volta unificate le strutture, si sceglierà una guida unica o collegiale? Dalle risposte operative date a queste e ad altre domande dipenderà il successo di una fusione fra associazioni. Errori di progettazione e realizzazione organizzativa portano in breve tempo a crisi di rigetto, alla perdita di associati e dei collaboratori migliori, al blocco delle attività a causa di conflitti culturali.