La fine dell’era del sapere

Nella aule, nei luoghi di lavoro, nel tempo libero, nessuno ascolta più nessuno, ma tutti chiacchierano. Siamo in presenza di un chiacchiericcio senza fine. E’ la fine dell’attenzione? E’ fine dell’era del sapere? Sentiamo cosa ne dice Michel Serres.

Formatasi in età scolare, alle classi elementari e preparatorie, cresciuta fino allo tsunami nella scuola secondaria, l’onda lunga di ciò che si chiama «chiacchiericcio» ha raggiunto le aule universitarie, che ne traboccano riecheggiando, per la prima volta nella storia, di un vocio permanente che rende faticoso l’ascolto o inascoltabile la vecchia voce del libro.

Il fenomeno è generalizzato, e degno d’attenzione. I ragazzi non leggono, né intendono ascoltare l’esposizione orale di ciò che è scritto. Il cane della vecchia pubblicità non ascolta più la voce del padrone. Ridotti al silenzio da tre millenni, i ragazzi producono in coro un rumore di fondo che sovrasta il megafono della scrittura.

Perché chiacchierano, nel vocio dei compagni chiacchieroni?

Perché questo sapere annunciato ce l’hanno già tutti. Per intero. A disposizione. Sottomano. Accessibile tramite il Web, Wikipedia, il palmare, con qualsiasi mezzo portatile. Spiegato, documentato, illustrato, con una quota di errori analoga a quella delle migliori enciclopedie.

Non si ha più bisogno del portavoce di una volta, salvo che qualcuno abbia un guizzo inventivo originale, ma è raro.

Fine dell’era del sapere.

(da: Non è un mondo per vecchi, di Michel Serres, ed. Bollati Boringhieri, 2013)


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