“Qualcuno ha saggiamente osservato che in politica non occorre fare nulla: metà dei problemi è comunque irrisolvibile e l’altra metà è destinata a risolversi da sola. L’essenziale, in politica, è sapere aspettare: il più bravo a farlo vince la partita. (….) Gli autori dei libri di storia dedicano troppa attenzione ai cosiddetti momenti forti e troppo poca ai momenti di silenzio. Si tratta di una mancanza di intuizione: di quell’infallibile intuizione comune a ogni madre appena si accorge che dalla camera del suo bambino non proviene alcun rumore. La madre sa che quel silenzio non significa niente di buono, che nasconde qualcosa. Corre a intervenire perché sente il male aleggiare nell’aria. Questa medesima funzione, il silenzio la svolge nella storia e nella politica. Il silenzio è un segnale di disgrazia e non di rado di un crimine. E’ uno strumento politico, esattamente come il fragore delle armi o i discorsi di un comizio. Uno strumento di cui hanno bisogno i tiranni e gli occupanti che vigilano affinché la loro opera sia accompagnata dal silenzio. Pensiamo a come i vari colonialismi tutelassero il silenzio. Con quanta discrezione lavorasse la Santa Inquisizione”. (Ryszard Kapuscinski, Cristo con il fucile in spalla, 1975)