C’erano una volta i convegni in cui si invitavano relatori e testimoni esperti del tema in discussione, oltre ad autorità civili, religiose e militari. Da alcuni anni a questa parte è diventato uso comune invitare anche un’ospite fuori dal coro, qualcuno che riscaldi e vivacizzi un incontro che altrimenti rischia di essere pesante e noioso per un pubblico sempre più abituato ad una comunicazione superficiale, veloce, ad effetto.
I migliori intrattenitori, quelli più ricercati, sono persone dello spettacolo, preferibilmente comici e attori, ma vanno per la maggiore anche poeti, o cantanti, purché noti al grande pubblico televisivo. Lo stesso ragionamento vale anche per gli esperti, giornalisti, scienziati, economisti o psicologi che siano. Possiamo parlare ormai della categoria dei “riscaldatori da convegno”, ospiti fissi di trasmissioni televisive e assidui creatori di contenuti social, all’interno della quale gli organizzatori di convegni vanno a pescare figure di sicuro richiamo per il pubblico.
L’obiettivo dichiarato è che in tal modo si dà vivacità a un incontro che rischia di essere soporifero. Quello non dichiarato è che l’ospite fuori schema attragga al convegno tutti quelli che altrimenti non vi sarebbero mai andati. Non abbiamo ricerche a tal proposito, ma fra i partecipanti vi è sicuramente una buona fascia di persone interessata ad assistere gratuitamente all’esibizione di un personaggio famoso, il cui cachet, spesso molto generoso, è comunque a cura degli organizzatori.
Invitare un “riscaldatore da convegno” rappresenta una tecnica di engagement, di coinvolgimento delle persone, che garantisce le sale piene. Non è detto che allo stesso modo garantisca una qualità di contenuti veicolati, un valore reale per i partecipanti, un’esperienza utile e significativa nel tempo.
Il rischio è di trasformare un evento in un’esperienza superficiale, che non porta risultati concreti per nessuno (ad esclusione dell’intrattenitore, si intende). La foto della sala piena è buona per la stampa; la dichiarazione ad effetto funziona molto bene per la diffusione social. Il pericolo è di creare nel tempo uno svilimento della reputazione di chi organizza l’evento.
È ormai evidente che in molti casi il “riscaldatore da convegno” da strumento si è trasformato in fine. Vi sono organizzatori che si preoccupano prima di tutto dell’intrattenitore da chiamare, e poi formano il panel di esperti e invitati. Sono pochi i promotori che non si limitano a raccogliere il numero dei partecipanti, ma analizzano le loro motivazioni e come l’evento ha risposto ai loro bisogni.
Il “riscaldatore da convegno” dà una falsa rappresentazione del successo, e abitua a misurare solo l’apparenza e non la sostanza.