La burocrazia rende disumani

Il caldo nel gran vagone di terza classe, pieno zeppo di viaggiatori ed esposto al sole durante tutto il giorno, era così soffocante che Niehliudof non vi entrò, ma rimase sulla piattaforma esterna. Ma vi si soffocava egualmente, e non poté respirare liberamente che solo quando il treno, lasciate le case, entrò in aperta campagna. «Sì, essi hanno ucciso!» si disse, ricordandosi le parole dette innanzi a sua sorella. E di tutte le impressioni risentite dal mattino, ne restava una sola; egli rivedeva, con una straordinaria precisione ed intensità, il bel viso del secondo morto: le sue labbra sorridenti, la fronte severa, il piccolo orecchio così finemente disegnato, apparivano sotto la parte turchiniccia del cranio raso. «Ma il più spaventoso è che hanno ucciso, e che nessuno sa chi è stato il carnefice,» pensava egli. «Ed intanto hanno ucciso. Quei due sono stati condotti alla ferrovia, come tutti gli altri prigionieri, per ordine di Maslenikof. Ma è chiaro che costui non ha fatto che adempiere ad una formalità. Egli ha firmato una carta intestata, col suo più bel carattere d’imbecille, e certamente egli non poteva considerarsi colpevole. Ancor meno responsabile si crederà il medico della prigione, il quale ha esaminato i deportati. Egli ha fatto puntualmente il suo dovere, egli ha scartato i deboli, e certo, non ha potuto prevedere né questo caldo tropicale, né che li si condurrebbe così tardi ed in massa. L’ispettore? Egli ha eseguito l’ordine di far partire, ad un dato giorno, tanti forzati, tanti deportati, tanti uomini, tante donne. Impossibile di accusare il capo del convoglio: gli hanno ordinato di ricevere in un dato sito un certo numero di prigionieri, e di rimetterne lo stesso numero ad un altro posto. Egli ha diretto oggi il convoglio secondo il solito, e non poteva certo prevedere che uomini robusti e validi, com’erano quei due che ho visto, non avrebbero resistito alla fatica e sarebbero morti strada facendo. Nessuno è colpevole. Eppure due uomini sono stati uccisi da quegli stessi uomini che non sono colpevoli delle loro morte! «E tutto questo, continuava a pensare Niehliudof, risulta dal fatto che tutti questi uomini, governatori, direttori, ispettori, commissari, agenti di polizia, credono che vi siano nella vita delle circostanze in cui la relazione diretta tra uomo e uomo non è obbligatoria; perché tutti, e Maslenikof, ed il direttore, ed il comandante del convoglio, se essi non fossero governatore, direttore, ufficiale, avrebbero riflettuto venti volte, prima di far marciare un convoglio con questo caldo e in tanta folla; essi avrebbero fermato venti volte la colonna in marcia; e vedendo che un prigioniero si sentiva male, l’avrebbero fatto uscire dalle file, l’avrebbero condotto all’ombra, gli avrebbero dato da bere, l’avrebbero lasciato riposare; e, in caso di morte, avrebbero avuto pietà di lui. Ma non hanno fatto nulla di tutto ciò, e non hanno permesso agli altri di farlo. E tutto questo perché non vedevano dinanzi a loro degli uomini e il dovere che ciascun uomo ha verso il suo simile, ma vedevano unicamente il loro servizio, vale a dire dei doveri, i quali, secondo loro, erano più importanti dei doveri di umanità. «Tutto dipende da questo!» pensò Niehliudof. – «Quand’anche in un caso eccezionale, e per un solo momento si pensa che un atto qualunque, è più importante del sentimento di umanità, non vi è delitto che si possa commettere a danno del prossimo, e di cui uno non si creda responsabile.» (da Risurrezione, di Lev Tolstoi)


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