Due anni fa scrivevo, a proposito dei consigli di amministrazione delle cooperative: “la dinamica fra consiglieri di amministrazione e manager è cruciale per il bene della cooperativa: un consiglio debole e poco competente rischia di lasciare troppo spazio al management” (vedi qui). La crisi di molte cooperative ha riproposto la centralità del ruolo dei CdA: di fronte a casi di errori manageriali, i consiglieri di amministrazione hanno scoperto che non possono limitarsi ad un ruolo “benevolo”, di ratifica di decisioni stabilite in altre stanze. Ma scoprire (o ri-scoprire) la centralità del ruolo del consigliere è più facile a dirsi che a farsi. Quanto la scelta dei consiglieri avviene in modo indipendente dalle pressioni del management? E quanto i manager sono disposti ad essere contestati e messi in discussione durante una riunione? Alcune scelte sono necessarie. Nelle imprese di maggiori dimensioni i ruoli di presidente e direttore devono essere distinti. E il Consiglio non può essere composto da più di 11 o 13 persone. Andrebbero anche previsti sistemi di valutazione del contributo del consigliere, e meccanismi per far uscire coloro che realizzano prestazioni inadeguate per competenza, presenza, spirito costruttivo.