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L’imprenditore e le vittime consenzienti
Quello che nessuno immaginava è accaduto: il vecchio imprenditore, fondatore dell’azienda arrivata alla terza generazione (figli e nipoti ricoprono ruoli importanti), ha deciso di abbandonare il campo e si è dimesso da tutte le cariche aziendali.
Stiamo parlando di un imprenditore che non dirige attraverso dati, programmi, budget, strutture, procedure, sistemi di controllo, ma in base a capacità innate, esperienza, intuito, impegno.
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L’integralismo culturale di fronte all’ambiguità
La cultura organizzativa è un insieme di aspettative che influenzano i comportamenti degli individui in un’organizzazione. Tutti siamo sensibili a dinamiche sociali influenti come le attenzioni, gli ostracismi, gli elogi, il sostegno del gruppo, l’isolamento, l’elogio, l’inclusione e l’esclusione.
Le nostre relazioni sono ciò che ci definisce e, a forza di reciproci adattamenti con gli altri, creiamo nel tempo aspettative e regole non scritte che danno vita a comportamenti di cui siamo più o meno orgogliosi.
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La fame dei giudici
“Nell’aprile 2011, alcuni ricercatori israeliani hanno pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States una straordinaria ricerca sul processo decisionale. Il loro studio, intitolato “Extraneous Factors in Judicial Decisions” (“Fattori estranei nelle decisioni giudiziarie”) analizzava più di 1.000 ordinanze pronunciate da otto giudici israeliani che presiedevano due diverse commissioni per la scarcerazione sulla parola.
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Ditemi cosa devo fare
Molti sono convinti che una buona organizzazione si riconosca dal fatto che tutti sanno cosa devono fare, e quello che devono fare sia sempre chiaro. E che quindi – dato che tutti sanno tutto ciò che c’è da sapere – solo allora le cose fileranno lisce: i capi comanderanno, i sottoposti obbediranno, i venditori venderanno, gli operai manipoleranno, gli autisti guideranno, i contabili conteggeranno.
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Imparare come bambini
Immaginate un gruppo di bambini di cinque anni che assistano ad una riunione fra manager. Probabilmente si stupirebbero nel vedere che nessuno di loro fa quello che le maestre insegnano a scuola, ovvero essere pronti a imparare, ascoltare prima di parlare e, soprattutto, “condividere i giocattoli con gli altri”.
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Il comportamento professionale ai tempi del digitale
Due sono gli aspetti che ci fanno riconoscere chi si comporta in modo professionale sul lavoro. Il primo è la capacità di una persona di assumere impegni chiari nei confronti dei propri interlocutori, clienti, fornitori o colleghi. Si chiama affidabilità, ed è un fattore abbastanza facile da rilevare e misurare: ogni volta che una persona lascia l’interlocutore in uno stato di incertezza, allora vuol dire che sta facendo un servizio di bassa qualità e non si sta comportando in modo professionale.
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Come decide una commissione
“Comunque andai ancora un’altra volta a Brema, sempre nell’ambito del cosiddetto Premio Letterario, e non ho intenzione di passare sotto silenzio l’esperienza che ho fatto in questo secondo viaggio a Brema.
Ero uno dei cosiddetti membri della giuria che avrebbe scelto il successivo vincitore del premio ed ero andato a Brema con l’irremovibile proposito di dare il mio voto a Canetti, che, come credo, fino a quel momento non aveva ancora ricevuto nemmeno un solo premio letterario.
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Leadership e organizzazione in WL Gore
“Primo, non abbiamo una gerarchia classica, in cui le decisioni si devono prendere al vertice e si devono eseguire a cascata. Siamo un reticolo o un network e i collaboratori possono rivolgersi direttamente a qualunque membro dell’organizzazione per ottenere gli strumenti e le risorse di cui hanno bisogno per avere successo.
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Chi deve gestire i processi organizzativi?
Quando si parla di organizzazione è abituale distinguere fra una parte stabile (ovvero la struttura, rappresentata tipicamente dall’organigramma aziendale)) ed una parte dinamica, rappresentata dai processi di lavoro. Mentre in passato l’approccio all’organizzazione era prevalentemente basato sulla parte statica – ovvero la definizione di strutture e organigrammi – dagli anni ‘90 in poi i processi hanno iniziato ad assumere sempre più importanza, fin quasi a prendere il sopravvento su tutto il resto.
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Dodici punti per l’analisi strategica della propria azienda
È possibile analizzare il posizionamento e la capacità strategica della propria azienda puntando su 3 grandi obiettivi, ovvero: 1) soddisfare le esigenze della clientela; 2) mantenere un vantaggio competitivo; 3) far leva sui punti di forza. A sua volta ognuno di questi obiettivi si articola in 4 punti. Seguite questa check-list e non ve ne pentirete.
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